La nostra riflessione sulle elezioni europee 2024

L’appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo si avvicina in un clima del tutto particolare rispetto agli anni precedenti. La guerra è tornata in modo spaventoso nel vecchio continente, con l’Ucraina aggredita dalla Russia di Putin, le politiche espansive della NATO verso est e la guerra civile che attanaglia le aree russofone di quel paese da ormai dieci anni; intanto a Gaza è in atto un vero e proprio genocidio ad opera dell’esercito israeliano, le notizie agghiaccianti dei massacri di civili si vanno ad aggiungere a decenni di espulsioni, deportazioni, apartheid nei territori occupati in tutta la Palestina. Le rotte migratorie verso l’Europa continuano a vedere respingimenti, filo spinato e stragi di esseri umani, anche a causa della politica europea di esternalizzazione della gestione delle frontiere che ci ha reso ricattabili da governi autocratici come quello turco: lo stesso che tiene incarcerato il leader curdo Ocalan e bombarda l’esperienza rivoluzionaria del Rojava. 

L’Europa è uscita dalla pandemia con un piano di investimenti pubblici che sono stati risucchiati quasi completamente dal capitale privato. Oggi si tornano a pianificare politiche europee di rientro del debito e austerity, con il benestare della “sinistra” neoliberale, dimenticando completamente le verità che la crisi pandemica aveva riportato alla luce.

E mentre a livello di materie prime l’Europa è sempre più dipendente e meno autonoma, le politiche per la riduzione dell’impatto del cambiamento climatico si stanno spesso portando avanti colpevolizzando le fasce popolari con misure illogiche e segreganti, e attraverso strategie che premiamo economicamente le grandi imprese che fanno “greenwashing” senza colpire mai chi inquina e devasta i territori. Di fronte ai pozzi di ENI in Africa o di fronte alle politiche di gestione dei rifiuti che nel nostro territorio puntano alla creazione di mega-impianti da localizzare nelle aree più periferiche, la nostra risposta sarà sempre la lotta dal basso per un nuovo modello di gestione ispirato ai principi dell’eco-socialismo

Dal punto di vista politico questa campagna elettorale sembra diventata il trampolino di lancio per la destra neo-conservatrice che porta avanti ovunque un’agenda liberista ai danni delle fasce popolari. Scenari di darwinismo sociale già si vedono applicati da governi come quelli polacco e ungherese, nonché dal governo Meloni in Italia, soprattutto attraverso le controriforme del presidenzialismo, che mira a togliere ulteriore potere al Parlamento sovrano, e dell’autonomia differenziata. Quest’ultima, a dispetto della retorica patriottica della destra italiana, rischia di dare un colpo mortale all’unità sociale e territoriale del Paese garantita dalla Costituzione: la sanità pubblica, il sistema di istruzione, la salvaguardia del patrimonio, tutti i servizi locali vivranno una drammatica balcanizzazione che li renderà ancora più diseguali e più esposti alle privatizzazioni.   

Le destre puntano a una nuova maggioranza in Parlamento europeo proprio sul modello di quella italiana, con un inedito accordo tra destre moderate e il blocco conservatore rappresentato da Meloni, Orban, Le Pen e i neo-franchisti spagnoli di Vox. Questo scenario spingerebbe indietro l’Europa in tema di diritti civili, segnando la fine di ogni tentativo di una gestione più umana e condivisa delle frontiere, portando ad un’ulteriore corsa al riarmo come richiesto a gran voce dalla NATO. Non va però dimenticato il ruolo delle attuali larghe intese tra popolari e socialisti, a partire dalla maggioranza Von der Leyen, riguardo l’impatto devastante di decenni di politiche di austerità che hanno prodotto un arretramento dei diritti sociali delle classi lavoratrici, il disinvestimento nelle politiche industriali, lo sgretolamento del welfare, la sudditanza agli interessi militari atlantici e una profonda penetrazione delle politiche neoliberiste in tutta Europa. In un simile quadro, l’egoismo identitario è tornato a rappresentare purtroppo una sirena per molti e molte, in particolare nei territori dove si sconta l’assenza di movimenti alternativi, dal basso e a sinistra, in grado di creare spazi di riflessione politica e di potere popolare. 

Guardiamo con interesse alle esperienze e alle lotte dei movimenti europei che hanno saputo produrre cambiamenti politici sistemici nei rispettivi paesi: pensiamo alla Spagna, dove un governo di coalizione tra socialisti e sinistra radicale, seppur con luci e ombre, in controtendenza rispetto al resto d’Europa alza il salario minimo, allarga i diritti sociali e civili, riconosce lo Stato di Palestina. Uno scenario che sarebbe stato impensabile senza un decennio di organizzazione popolare nelle piazze, nei posti di lavoro e nei quartieri. Osserviamo con interesse l’espandersi delle sinistre antimperialiste in molti territori marginali d’Europa, come nei Paesi Baschi e in Irlanda, dove potrebbero presto arrivare al governo. Come Diritti in Comune abbiamo rapporti politici con tanti movimenti locali e amministrazioni municipaliste in tutta Europa, sebbene queste vivano oggi una fase regressiva, indebolite proprio dal sistema di vincoli di spesa europei e in assenza di una struttura sovraterritoriale su cui costruire meccanismi di autodifesa.  

In Italia, l’assenza di movimenti politici alternativi si porta dietro le colpe di buona parte dei gruppi dirigenti della sinistra radicale, che da troppi anni sembrano non riuscire a smarcarsi dal bivio tra minoritarismo strategico e governismo ad ogni costo. Oggi pesa l’inesistenza di una sinistra nazionale unita ed autonoma dai blocchi tradizionali, libera da personalismi, tendenze leaderistiche e litigi interni, capace di interpretare le necessità delle classi popolari e proporre un suo progetto di società. Il movimento Diritti in Comune è riuscito, con tenacia ed umiltà, a determinare sul territorio un’alternativa ampia ai due blocchi di centrodestra e centrosinistra, non chiudendosi nell’identitarismo politico, ma restando nel solco dei valori di una sinistra anticapitalista, pacifista, ecologista, intersezionale. Per questo abbiamo sentito l’urgenza di guardare a queste elezioni europee in modo collettivo, per non arrenderci all’individualismo e all’angoscia pre-elettorale, ma provando a discutere come una forza politica matura, senza far prevalere il disorientamento che regna sovrano a sinistra. 

Conosciamo tanti compagni e compagne candidati nelle liste della sinistra radicale, pacifista ed ecologista, e conosciamo i temi che i loro movimenti e le loro biografie si portano dietro. Sostenendo questi temi, questi movimenti e queste persone, sappiamo di provare a mandare in Europa rappresentanti dei nostri valori e delle nostre battaglie politiche. In particolare, senza la pretesa di fare un elenco esaustivo, nella lista “Pace Terra e Dignità” sono candidati molti compagni e compagne che riteniamo valide, come Elena Mazzoni, attiva da anni nelle battaglie contro l’inceneritore di Albano, o come Fabio Alberti, ex presidente di Un Ponte Per e membro della Rete italiana pace e disarmo, con il suo impegno per i diritti degli ultimi e contro ogni guerra. Allo stesso modo vediamo un segnale importante in alcune candidature come quelle di Ilaria Salis e di Mimmo Lucano nella lista “Alleanza Verdi Sinistra”, le cui vicende giudiziarie, sebbene differenti tra loro, sono accomunate dal carattere prettamente politico dell’accanimento che hanno subito rispettivamente in Ungheria e in Italia. Questi nomi, come anche altri, pur nella grave assenza di un progetto politico compiuto e duraturo, sintetizzano le tematiche e i valori che un movimento come il nostro punta a portare nelle istituzioni a tutti i livelli. Consapevoli che senza una prospettiva politica e culturale chiara, libera dalla logica di appendice del Pd e dall’autosufficienza ad ogni costo, qualunque elezione e singolo rappresentante sarà in grado di fare ben poco. Per questo auspichiamo nel futuro che esperienze come la nostra possano essere messe a disposizione di chi avrà la volontà di ricostruire la “sinistra che verrà”.

Muro dei Francesi, torna l’incubo del cemento. Colella dimostri di volere il Parco pubblico

Nel febbraio del 2023, celebrando il decennale della scoperta del gruppo scultoreo dei Niobidi nella villa dei Valerii a Ciampino, alcune associazioni organizzarono e rilanciarono una discussione pubblica per avviare concretamente la realizzazione del Parco del Muro dei Francesi: il grande parco pubblico per la città, di oltre 10 ettari, capace di abbracciare i Beni vincolati dal Ministero della Cultura nel 2015. In quell’occasione, e in questo senso, la Sindaca Colella prese impegni importanti. Nei mesi successivi la comunità di Diritti in Comune si era resa più volte disponibile a confronti di indirizzo sull’obiettivo, con la Sindaca, l’Assessore all’Urbanistica Silvi e l’Ufficio Tecnico. Nell’ottobre scorso denunciavamo e chiedevamo a Comune e autorità competenti di verificare i lavori in corso nei Casali Secenteschi da parte di un fantomatico “Condominio Marcandreola”, con tanto di ecobonus. Ancora a gennaio, sollecitavamo un piano di azione chiaro per l’istituzione e la fruibilità del Parco.

Abbiamo sempre ripetuto il nostro punto di vista su ciò che l’Amministrazione avrebbe dovuto fare: manifestare con atti concreti l’obiettivo politico del Parco del Muro dei Francesi, con deliberazione, cambio di destinazione d’uso dell’area, ultimazione della bonifica degli ordigni bellici e risoluzione delle pendenze con alcuni dei vecchi proprietari dei terreni, e ogni volta, dopo ogni incontro, siamo stati rassicurati che nelle settimane successive si sarebbe provveduto. Così non è stato.

Pochi giorni fa, nel corso di una Commissione Urbanistica presieduta dalla nostra Consigliera Francesca De Rosa, appare un documento, sfuggito a chi di dovere per la sua importanza: la sentenza di un ricorso presentato al Consiglio di Stato dagli eredi di un terreno su via Superga. Gli appellanti, vistasi negare dalla Soprintendenza la possibilità di edificare quanto concesso dal Comune prima dell’apposizione del vincolo del 2015, chiedevano fosse riconosciuto il loro diritto a costruire. La sentenza, datata novembre 2023, sottrae il lotto in questione (1200 mq) dal contesto unitario del Bene tutelato dallo Stato (i Casali della Marcandreola, i portali monumentali, la villa dei Valerii, l’oliveto storico), cioè dalla tenuta del Muro dei Francesi, autorizzando una prima cementificazione del sito che da più un decennio tentiamo di trasformare in Parco pubblico e metterlo finalmente a disposizione della  cittadinanza e del territorio. La sentenza, nascosta o non considerata, è sconcertante: il ricorso, avviato nel 2017, pendeva da anni sulla discussione pubblica del Parco del Muro dei Francesi, completamente ignorato da chi doveva sapere. L’inconsapevolezza di atti pubblici non può essere tollerata nella politica amministrativa.

Diritti in Comune, denuncia la gravità di quanto è avvenuto, la sua implicazione politica, ma è pronta comunque a rilanciare.

Per evitare che la questione del Parco del Muro dei Francesi rimanga – come capitato per l’Igdo – un comodo quanto inutile argomento elettorale, chiediamo a Giunta e Consiglio Comunale di manifestare tramite atti formali l’interesse pubblico per l’intera area.

Chiediamo di avviare immediatamente il processo amministrativo per rendere fruibile la vasta area già di proprietà pubblica, per ottemperare alle indicazioni del vincolo di Bene Culturale e per preservarla da ulteriori aggressioni edificatorie attraverso i seguenti atti:

  • Cambio di destinazione d’uso da area destinata a edilizia economica e popolare ad area destinata a verde pubblico.
  • Istituzione del Parco del Muro dei Francesi con dichiarazione di interesse pubblico.
  • Stanziamento dei fondi necessari per l’ultimazione della bonifica degli ordigni bellici (si ritiene congruo un importo di circa 100.000 euro). 
  • Coordinamento con la Soprintendenza per definire tempi e competenze per la ricostruzione dei due portali della Marcandreola, il principale crollato ormai nel 2011. 

Chiediamo infine che per l’istanza dei ricorrenti, rigettata dal TAR nel primo grado di giudizio e poi accolta in Consiglio di Stato, venga riconosciuto subito il ristoro compensativo in altra zona del territorio comunale, scongiurando cosí l’edificazione in quell’area e ristabilendo il valore unitario – archeologico, architettonico e paesaggistico – riconosciuto dal vincolo del 2015 al Parco del Muro dei Francesi

Soste in centro, l’Amministrazione boccia le proposte delle minoranze e poi ne applica il contenuto (in ritardo)

Il 12 marzo scorso in Consiglio comunale è stata bocciata la nostra mozione che chiedeva “la temporanea sospensiva della differenziazione per settore di residenza per coloro che afferiscono al settore C (residenti di Ciampino Centro)  di modo che a questi sia permesso  di poter parcheggiare in qualunque orario anche in una zona diversa senza dover provvedere ad ulteriore pagamento” e in particolare nelle zone Piazza Rizzo, Piazza Kennedy e il piazzale antistante il Burger King (G5). Chiedevamo dunque all’Amministrazione di mitigare i disagi che gli interventi di PNRR stanno creando ai cittadini di Ciampino che abitano nelle zone del centro. L’assessore Silvi ci rassicurava dicendo che di tale proposta se ne sarebbe potuto tenere conto nel futuro Piano della Sosta, ma intanto, in Consiglio comunale, la maggioranza votava contro e la nostra mozione veniva bocciata!

Che l’idea non era affatto da scartare, ma invece da mettere immediatamente in pratica, lo sapevamo già e ora lo apprendiamo da un comunicato dell’Amministrazione che – attuandola in parte – ha deliberato per i residenti del settore C la possibilità di parcheggiare con l’abbonamento a tariffazione agevolata nell’area del comparto G5, fino al completamento delle opere PNRR. Un parziale cambio di direzione certamente positivo se non fosse che nel frattempo sono trascorsi altri due mesi, pieni di disagio, per i nostri cittadini!

Come abbiamo ribadito molte volte, si sarebbero dovute trovare soluzioni al ben noto “problema parcheggio” prodotto dai cantieri dei progetti PNRR ben prima dell’inizio dei lavori, ma ciò non è mai avvenuto. Alla mancata programmazione si aggiunge dunque il fatto che le buone idee, come la nostra, vengono bocciate per mere divisioni politiche, facendo perdere altro tempo. Con questo comportamento si certifica anche la linea politica dell’Amministrazione Colella nella relazione con le minoranze: bocciare in Consiglio comunale le proposte anche se valide – senza riuscire ad addurre motivazioni serie – per poi tuttavia utilizzarle e farle proprie, in ritardo ovviamente. 

Piano di Lottizzazione Acqua Acetosa, la Giunta condanna il quartiere ad un traffico insostenibile

Qualche giorno fa l’Amministrazione Comunale ha approvato, con una delibera di Giunta, una modifica alla proposta di convenzione per il Piano di Lottizzazione Convenzionata della sottozona “C8” nel quartiere Acqua Acetosa. A sorpresa, sbrigativamente e maldestramente, l’Amministrazione comunale ritiene “ormai superato” il sottopasso già previsto di collegamento con Via Mura dei Francesi e lo elimina dalle opere pubbliche da realizzare in quota parte dal Consorzio, segnando così in un sol colpo e subdolamente una variante di piano e qualche grattacapo in meno per la lottizzazione.

Non sarà così, però, per chi abita o percorre le strade dell’Acqua Acetosa. L’area interessata è situata nel triangolo tra via San Paolo della Croce, la ferrovia Roma-Albano e il primo margine di via Romana Vecchia. Ha una estensione di 33.485 mq, con un indice di cubatura di 0,7 mc/mq, superiore alla media degli indici presenti nel quartiere Acqua Acetosa (0,4 – 0,5 mc/mq). Secondo il piano di lottizzazione approvato già nel 2020 dall’Amministrazione Ballico, nell’area in questione saranno edificati ben 23.439 mc, dei quali 13.116 mc per edifici residenziali e 10.313 mc per edifici non residenziali-commerciali; la cubatura commerciale eguaglia la cubatura del supermercato Conad appena aperto all’inizio di Via di Morena, poco più avanti, a circa 500 m in linea d’aria!

Nel PRG, evidentemente proprio per mitigare l’impatto delle nuove costruzioni, era previsto un ampio viale di collegamento (20 metri di larghezza) sia verso Via Mura dei Francesi che verso Via Morena con due nuovi sottopassi. Previsione forse criticabile per il forte impatto e le difficoltà di realizzazione, ma opera necessaria nel momento in cui si pianifica una estensione commerciale e residenziale di questa consistenza. La convenzione non riporta elementi e argomentazioni a sostegno della decisione presa e non si comprende da cosa e perché il sottopasso sia stato ritenuto ormai superato o da quali interventi è stato sostituito. Non risulta infatti che ci siano soluzioni alternative nel programma triennale delle opere pubbliche. Eppure è più che ovvio come la città e soprattutto lo sviluppo urbanistico (previsto ormai nel lontano 1998) abbiano bisogno di soluzioni e collegamenti alternativi a quelli esistenti, insufficienti già ora e a maggior ragione quando saranno completati gli insediamenti.

Queste grandezze e nuove cubature, residenziali e commerciali, convoglieranno ulteriore traffico all’Acqua Acetosa, già pesantemente aggredita da un flusso quotidiano di attraversamento praticamente ininterrotto. La situazione peggiorerà ancora e i flussi rimarranno ancora di più imbottigliati lungo via San Paolo della Croce e le ridotte strade del quartiere. Una modifica di questo genere avrebbe forse richiesto una revisione delle opere da cedere da parte del Consorzio ma prescrivendo il PRG una grande strada, non avendo provveduto a fare una variante, corre l’obbligo da parte del Consorzio di cedere quell’area; così il progetto delle opere pubbliche da cedere all’Amministrazione prevede comunque la realizzazione del viale largo ben 20 m che rimane senza sbocco, sia verso il defunto sottopasso che verso il quartiere Acqua Acetosa, una bella superficie asfaltata di circa 3000 mq praticamente inutile.

Infine, se appena qualche giorno fa la stessa Giunta Comunale ha incaricato l’Università La Sapienza di Roma di redigere il nuovo Piano del traffico cittadino per coordinarlo con le opere in corso di realizzazione, ciclabile e isole ambientali, forse era meglio avvalersi di questo strumento per giudicare quale utilità poteva avere il sottopasso nello studio delle funzionalità dei flussi di traffico. Questa storia è emblematica di come l’attuazione di un PRG non può essere portata avanti per 18 anni dall’approvazione e ben 26 dalla ideazione senza step di controllo e di verifica del permanere nel tempo degli obiettivi iniziali del piano. La verifica era prevista dalle norme di piano ogni 2 anni!

Per questi motivi chiediamo la revoca della delibera di Giunta e ci mobiliteremo per coinvolgere i cittadini a dire la loro in proposito, anche attraverso una raccolta firme.
Per scoprire dove firmare, clicca qui!

Stop autodemolitori alla Barbuta! Importante vittoria dei cittadini e delle cittadine


La Soprintendenza speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma ha confermato quello che avevamo scritto e sostenuto nelle nostre osservazioni tecniche, consegnate all’Amministrazione di Ciampino per presentare istanza contro l’ipotesi di trasferimento degli autodemolitori romani nell’area della Barbuta, voluta dal Sindaco di Roma Gualtieri in veste di Commissario straordinario per il Giubileo.

Vengono confermati tutti i punti trattati dalla nostra relazione, ovvero l’eccezionale interesse del comprensorio Capannelle-Barbuta e di tutta l’area contigua ai limiti del Parco dell’Appia Antica, di cui costituisce il naturale completamento, che come tale va preservata nelle sue valenze paesaggistiche e patrimoniali. Dunque, dando parere negativo, la Soprintendenza conferma come gli impianti di autodemolizione delle autovetture andrebbero a deturpare ed alterare la vocazione a verde dell’area, precludendo l’eventuale valorizzazione dei resti archeologici presenti.

La lotta, lo studio delle carte, la difesa del territorio e dei suoi beni patrimoniali, pagano sempre! E’ una vittoria di tutte e tutti coloro che hanno scelto di ribadire la propria contrarietà nelle piazze e di utilizzare ogni altro strumento necessario, facendo valere le ragioni della salvaguardia della nostra terra, dentro e fuori le istituzioni.

Ora ci auguriamo di non vedere strumentali e poco utili ricorsi da parte dell’Amministrazione capitolina, la quale è ora chiamata a trovare soluzioni consone e sostenibili per gli autodemolitori romani, e che la zona della Barbuta possa finalmente diventare parco pubblico, vocazione ribadita peraltro dalla Soprintendenza stessa, andando a ricongiungersi con l’area protetta dell’Appia Antica.

Infrastrutture blu al Fosso della Patatona

A Ciampino, con un minimo di volontà politica da parte dell’Amministrazione, ci sarebbe la possibilità di avere una cosiddetta “infrastruttura blu” in grado di utilizzare il percorso fluviale di uno dei nostri più importanti corsi d’acqua per realizzare percorsi ciclo-pedonali e dunque riconnettere i quartieri, offrendo una reale alternativa che soddisfi le esigenze delle persone che vivono nelle zone periferiche, soprattutto quelle più penalizzate dall’assenza di mobilità alternativa (famiglie, minori, o chiunque non possa permettersi un’automobile).

La nostra idea trasformativa di città passa anche dalla capacità di cogliere le occasioni che ci si pongono davanti: la Regione Lazio ha finanziato un progetto di messa in sicurezza idraulica del Fosso della Caffarella (il nostro Fosso della Patatona) attraverso la realizzazione di alcune casse di espansione, ovvero per il contenimento delle acque in caso di esondazione.

Per questo motivo, grazie ai documenti che abbiamo ottenuto e visionato attraverso la Commissione Urbanistica appositamente convocata dalla nostra Francesca De Rosa – Consigliera comunale , abbiamo trasmesso alla Sindaca, all’Assessora e al dirigente competente, una nota in cui chiediamo che in sede di Conferenza dei Servizi venga presa in considerazione la possibilità di realizzare un percorso ciclo-pedonale posto lungo il corso del fiume. La nuova percorrenza, partendo da Via dell’Acqua Acetosa giungendo almeno a Via Morosina, porrebbe la condizione per proseguire fino alla ciclabile posta lungo la tombatura del fiume, parallela a Via F.lli. Wright.

Ma appunto: serve la volontà politica da parte dell’Amministrazione. Per questo aspettiamo una risposta, nella speranza che si colga positivamente questa occasione per dare un minimo di prospettiva alla tutela e valorizzazione dei nostri corsi d’acqua, alla vita sociale dei quartieri e alla realizzazione di percorsi di mobilità dolce come strumenti di connessione urbana.

Fuga di gas al nido Axel, genitori inferociti per il ritardo nelle comunicazioni. Chiediamo un confronto con Amministrazione e ASP!

Siamo stati contattati da un gruppo di genitori giustamente inferociti per l’ennesima gestione insensata del servizio asili nido, questa volta nella struttura del nido Axel. Genitori che questa mattina sono stati intervistati da una troupe televisiva della Rai per raccontare il grave episodio e la loro indignazione.

Ricostruiamo i fatti per come sono stati riferiti direttamente dall’azienda ASP spa, che gestisce il servizio comunale, ad alcuni di questi genitori preoccupati. Il dirigente aziendale ha riferito che l’odore di gas era stato rilevato già martedì pomeriggio in cucina, tuttavia i bambini sono stati fatti entrare all’asilo mercoledì mattina regolarmente, salvo poi richiamare i genitori d’urgenza dopo un’ora all’ennesimo sentore di gas. Perché i genitori non sono stati avvertiti martedì, e non si è chiuso il nido tempestivamente visto il grave rischio sulla sicurezza dei minori? Ci piacerebbe sapere il motivo e le responsabilità di questa scelta scellerata. Per questo produrremo una interrogazione e verificheremo tramite accesso agli atti tutta la catena di responsabilità collegata a questa situazione che riteniamo inaccettabile e gravissima.

Continuiamo a chiedere risorse immediate per la messa in sicurezza ordinaria e straordinaria, se necessaria, dell’asilo nido comunale Axel di via Isonzo: interventi che consideriamo urgenti e non più rinviabili. Sembra che verrà ripreso il servizio martedì 27, a distanza di giorni e senza servizio mensa interno, il che conferma quanto verosimilmente la problematica fosse significativa. Registriamo che per l’ennesima volta la comunicazione alle famiglie relativa alla fuga di gas è arrivata in maniera irresponsabilmente tardiva, per molti addirittura dopo che avevano già ripreso i bimbi! 

Ad oggi anche la riapertura di martedì prossimo è stata comunicata solo via sito web e social network. Mandare una mail dettagliata e chiarificatrice rispetto la messa in sicurezza è chiedere troppo all’amministrazione ASP?

In generale, le condizioni dello stabile sono indecorose sotto svariati punti di vista, nonostante le risorse già spese per la struttura. Abbiamo ripetutamente sollecitato l’amministrazione a dare almeno dei segnali tramite azioni puntuali, ma nulla si è mosso. Siamo in contatto anche con le lavoratrici e le delegate sindacali che provano a farsi sentire nelle sedi opportune, tra le mille difficoltà del momento. Purtroppo la crisi aziendale di ASP sta paralizzando l’azione amministrativa, ma come sostengono giustamente lavoratrici e famiglie, la crisi di ASP non può ricadere sulla sicurezza dei bambini e delle bambine! 

Diritti in Comune esprime la volontà di farsi portavoce della convocazione urgente di un confronto pubblico tra l’utenza dei nidi, l’amministrazione comunale e il management di ASP, per avere informazioni puntuali sullo stato del servizio e delle strutture dei nidi comunali. Avere un confronto serio su problematiche gravi, legate a un servizio così importante per la comunità, non è più rimandabile.

Rendiconto di Bilancio 2022 e proposta di ripiano del disavanzo: il voto contrario di Diritti in Comune

Come gruppo consiliare di Diritti in Comune, a seguito di attente valutazioni nel merito delle due proposte, abbiamo votato contro la proposta di delibera sul Rendiconto di Bilancio 2022 e la proposta di ripiano del disavanzo, perché queste a nostro avviso si portano dietro molte criticità, alcune delle quali già evidenziate da noi durante la gestione Ballico.

1) Gli accertamenti dalle infrazioni del Codice della Strada tengono solo formalmente in piedi il bilancio dell’ente e sono arrivati a livelli che sollevano più di una riflessione politica. Un conto è sanzionare le infrazioni per abbattere i rischi ed educare ad un uso corretto dei mezzi di trasporto, altro conto è la “caccia alle streghe”. 8,1 milioni di euro di accertamenti nel 2022, dei quali abbiamo chiesto di vedere la forma giuridica effettiva, sono uno sproposito che mette Ciampino nella top 10 regionale dei Comuni col più alto tasso di accertamenti di infrazioni. Nel 2019 furono 4,5 milioni di euro, nel 2020 (anno del covid) 3,2 milioni, nel 2021 circa 6 milioni e ora raggiungono la cifra record di 8,1 milioni di euro, portando il contributo pro-capite annuo a 200 euro a cittadino! 

Nonostante ciò, tra l’accertato e il riscosso c’è ovviamente un gap enorme (il riscosso è pari a 2,3 milioni di euro) e questo ha ricadute molto negative sulla capacità reale di spesa dell’Ente. Come dicevamo anche all’Amministrazione precedente, riteniamo sia il momento di riallineare la previsione alle riscossioni effettive.

In Consiglio abbiamo inoltre portato una riflessione più generale sulle politiche di sicurezza messe in campo negli ultimi anni nel nostro Comune attraverso un eccessivo utilizzo di telecamere, posti di blocco e scelte discutibili come l’area cinofila comunale.

Dissuasione ed educazione della comunità non passano necessariamente per il controllo militare del territorio ed è anche su questo che si misura la cultura politica di chi amministra.

2) I bilanci ASP 2021 e 2022 non sono stati ancora approvati. Portare in discussione il rendiconto dell’Ente senza l’approvazione del bilancio aziendale ASP ci sembra – a memoria – un unicum nella storia di questa città. 

La questione ASP, su cui siamo tornati più volte, oltre ad aver risucchiato per l’ennesima volta ogni risorsa dell’ente (2,3 milioni di euro accantonati per le perdite PRESUNTE 2021 e 2022) è ad oggi ancora materia oscura per il Consiglio comunale in quanto si attende il piano industriale e i bilanci definitivi. Piano e bilanci che verranno sviluppati insieme a quel management aziendale di cui l’Amministrazione sembra non poter più fare a meno oggi e che noi continuiamo a dire doveva essere rimosso il primo giorno di insediamento della nuova Amministrazione. Se la pubblica amministrazione si esprime per atti, è tempo di portarli in discussione. La città, i servizi e i lavoratori non possono più attendere.

Anche su questo abbiamo detto chiaramente che la strada presa non ci convince affatto: per cambiare rotta non basta l’ennesimo piano industriale. La città, il Consiglio comunale e la politica tutta dovrebbero iniziare a riflettere sull’improrogabile ritorno di TUTTI i servizi a domanda individuale nella sfera pubblica attraverso la realizzazione di una Azienda Speciale Comunale. 

La gestione del servizio da parte di una società a capitale interamente pubblico come ASP è una gestione pubblica? 

No! È un misto pubblico-privato che prende il peggio da entrambi gli istituti di diritto. La definizione di società Spa le attribuisce finalità e scopi che sono estranei alle finalità delle gestioni pubbliche, come sono quelle di erogare servizi pubblici, diritti fondamentali della persona e destinati a soddisfare bisogni primari essenziali per la vita umana, come sancito dal referendum del 2011 su acqua e servizi pubblici.

L’amministrazione Colella è pronta a raccogliere la sfida di riportare tutti i servizi nell’alveo pubblico, eliminando quei costi di gestione, diretti e indiretti, tipici delle società partecipate? Noi siamo pronti al confronto pubblico su questo tema.

3) L’Ente non è in dissesto finanziario ma il bilancio è in evidente sofferenza. La capacità di riscossione dei tributi (TARI, IMU, TARSU, ETC.) è sempre bassa e non si registrano azioni concrete per migliorare questa performance amministrativa, se non un significativo aumento degli accertamenti, la cui effettiva ricaduta positiva sul bilancio sarà misurabile nella annualità 2023. 

4) I 615 mila euro di disavanzo da ripianare nella annualità 2023-2025 sono stati coperti da un capitolo di spesa come il Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità che, per sua natura, è aleatorio e la cui consistenza difficilmente prevedibile. Un azzardo economico-finanziario che si ripete e che durante l’amministrazione Ballico evidenziammo insieme agli allora Consiglieri comunali di minoranza Perandini e Colella in una pregiudiziale al bilancio di rendiconto 2020. Ora – miracoli della politica – questo rischio non è più tale?

DiC contro l’inceneritore di Santa Palomba

Abbiamo partecipato alla manifestazione di ieri a Roma contro il mega inceneritore previsto a Santa Palomba. La proposta dell’inceneritore è contestata dal basso, da associazioni e cittadini, ma anche dai Sindaci delle città coinvolte in un territorio popolato da ben 600.000 abitanti.

Il Sindaco di Roma, nominato dal governo Commissario Straordinario per i rifiuti di Roma, crede di risolvere il problema costruendo un impianto che brucerà 600.000 tonnellate di rifiuti ogni anno, sei volte di più di quanto produce la Capitale. Invece di potenziare la raccolta porta a porta dei rifiuti, ferma a percentuali ben lontane dagli obiettivi per Roma e invece cresciuta di oltre il 70% nei comuni dei Castelli Romani e del Litorale, il Sindaco Gualtieri si impegna in un progetto che la affosserà.

Purtroppo per lui gli inceneritori con recupero energetico, distruggendo materia, non rappresentano una tecnologia che segue i principi dell’economia circolare, sebbene abbiano trovato in passato il loro spazio di mercato per quei materiali che non erano considerati riciclabili. Ma oggi le cose sono molto cambiate con l’avvento di nuove tecnologie. Se poi si programma addirittura un inceneritore da 600.000 tonnellate, chiaramente esso rappresenta una pietra tombale su ogni ipotesi di economia circolare. Questi impianti per funzionare hanno bisogno di una “dieta” ricca di materiali energetici come carta e plastica, in contrasto con le nuove Direttive europee che impongono l’obbligo di riciclo di quote crescenti di plastica monouso. Non a caso la Tassonomia europea delle attività eco-sostenibili esclude l’incenerimento dei rifiuti anche quando questi sono indifferenziati e non riciclabili.

Cosa andrebbe fatto dunque? Il dibattito è ampio e il problema molto serio ma appare ragionevole e largamente condiviso il fatto che la microprogettazione su misura e di comunità per ciascuna situazione e tipologia urbana, con consultazione dei cittadini ed analisi del territorio, sia la strada da seguire. A Roma bisogna avviare immediatamente la realizzazione degli almeno tre nuovi impianti di compostaggio e partire subito con l’iter autorizzativo dei selezionatori del rifiuto secco e separatori ottici dei polimeri plastici necessari per quella filiera industriale di recupero, che porterebbe avere anche ricadute occupazionali molto più significative sul territorio laziale.

Perfino secondo un recentissimo documento di Assorisorse (Confindustria), i termovalorizzatori sono una soluzione vecchia di almeno 40 anni. Oggi sul mercato ci sono ottime tecnologie, spesso con brevetti italiani, che consentono di ricavare risorse utili da quei materiali che gli inceneritori distruggono per estrarne solo una piccola parte di tutta l’energia servita a produrli.

Se la Giunta Gualtieri proseguisse su questa linea, vista la dimensione dell’impianto, l’inceneritore dovrà anche ricercare altri rifiuti per soddisfare l’enorme necessità di combustione dell’impianto, con il rischio di veder confluire nell’inceneritore materiali che dovrebbero e potrebbero essere riciclati.

C’è poi il tema inquinamento dell’impianto. Sebbene i più recenti studi indicano che le più recenti tecnologie sicuramente producono una diminuzione delle emissioni di diossina nell’aria, questo rimane un tema centrale e di profonda e motivata preoccupazione per gli abitanti.

Ad esempio come spiega l’Arpa, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che “sono riconosciuti per le proprietà mutagene e cancerogene. L’International Agency for Research on Cancer ha inserito il Benzo(a)Pirene e altri IPA tra i possibili o probabili cancerogeni per l’uomo” trovati sugli aghi di pino vicino all’inceneritore di Pilsen (Repubblica Ceca) sono 87 volte superiori alla quantità rilevata negli aghi di pino in altre zone della città. I policlorobifenili (PCB: “L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro classifica i PCB quali sostanze cancerogene per l’uomo”, spiega l’ISS) erano tre volte superiori alla media in tutti i casi di studio. Questo significa che le persone che vivono nelle vicinanze degli impianti potrebbero subire danni se mangiassero verdure coltivate in questi terreni. Le analisi condotte dimostrano che nella maggior parte dei casi si superano i limiti definiti dall’Ue per la sicurezza alimentare. Un recente studio condotto da Zero Waste Europe (ZWE) prende in considerazione tre termovalorizzatori di ultima generazione. Uno degli inceneritori monitorati, quello di Pilsen, sorge in un’area di campagna isolata e dunque poco influenzata da altri agenti inquinanti. Nonostante questo il dato empirico rilevato da ZWE è lo stesso: dove ci sono termovalorizzatori, i valori di particolari sostanze inquinanti sono più alti.

Contro l’inceneritore non ci sono solo le manifestazioni e le contestazioni di piazza ma si combatte una battaglia legale fatta di istanze e ricorsi (finora ben cinque) di cui ancora non si conoscono gli esiti finali.

Per oltre tre decenni e forse anche più, il problema dello smaltimento dei rifiuti di Roma ha rappresentato un guadagno enorme per il gruppo della famiglia Cerroni, monopolista del traffico dei rifiuti nel Lazio. Finalmente questo monopolio sembra essere stato spezzato e il Piano Regionale non prevede la costruzione di alcun inceneritore ma l’attivazione e l’incremento della raccolta differenziata. Dunque perché Roma dovrebbe andare contro questi indirizzi e dotarsi di un inceneritore che dovrebbe avere un bacino d’utenza enorme? Attivando l’inceneritore di Santa Palomba e aumentando fino a 500.000 tonnellate l’anno quello di San Vittore, ci troveremmo di fronte ad una utenza extraregionale. A chi serve tutto questo? Certo non al beneficio dei cittadini ma solo al guadagno e al profitto di pochi, che speculano senza scrupoli contro la salvaguardia dell’ambiente e sulla salute dei cittadini.

Diritti in Comune era presente in piazza e sostiene fermamente questa lotta, impegnandosi a divulgare le corrette e complete informazioni sulla vicenda, che molto spesso i mass-media omettono o rendono opache e devianti. Riteniamo apprezzabile la presenza della Sindaca Emanuela Colella al presidio contro l’inceneritore, ma non sufficiente. Come non sono sufficienti le argomentazioni riportate nella lettera che i 20 Sindaci hanno indirizzato a Gualtieri. Incalzeremo l’amministrazione di Ciampino con la presentazione di un OdG molto più chiaro e puntuale su cui chiederemo al Consiglio comunale di prendere una posizione netta sul tema.

Protocollo di intesa ASP / Comune: la nostra posizione 

Il protocollo di intesa tra ente e ASP approvato in Giunta è stato deliberato ieri in Consiglio comunale. Diritti in Comune non ha espresso voto favorevole, sollevando dubbi e chiedendo impegni che l’amministrazione comunale non ha avuto il coraggio di assumersi negli interventi di replica. Pur consapevoli che questo fosse un atto necessario per iniziare la procedura di uscita dalla crisi aziendale, troppe criticità e pochi elementi positivi sono presenti nell’atto. Dopo un decennio di scelte scellerate che hanno portato a perdite milionarie dell’azienda (tutte sempre ripianate con i soldi dei cittadini di Ciampino) per l’anno 2021 il bilancio ASP chiuderà per l’ennesima volta in rosso, stavolta per 1.700.000 euro, mentre per l’anno 2022 il deficit attestato è di ulteriori 430.000 euro. Evidenziamo come la prima proposta di bilancio deliberata a giugno 2022 dal management tuttora in carica, non è stata ritenuta accettabile dall’ente comunale, in quanto riportava un utile di circa 23 mila euro.

Dopo le verifiche messe in atto dal “comitato tecnico per il controllo autonomo disgiunto”, istituito dall’ultima commissaria prefettizia – organismo terzo composto da professionisti esterni e dal dirigente del settore economico del Comune – questo esile utile si è nei fatti trasformato… in una perdita consolidata di quasi 2 milioni di euro per il 2021! Ci domandiamo dunque come si possa ritenere credibile e affidabile il management aziendale a fronte di questa situazione: o c’è malafede o incapacità nel fare di conto, due opzioni che i cittadini di Ciampino non meritano. Dignità e rispetto per la nostra cittadinanza avrebbe voluto un passo indietro del management aziendale. Più coraggio avrebbe dovuto avere la Sindaca Emanuela Colella non appena insediata, quando secondo noi l’azzeramento di tutto il cda sarebbe stato un atto dovuto e legittimo, logica conseguenza di tutte le criticità che erano state raccolte dall’opposizione al tempo della Giunta Ballico. Purtroppo è surreale riscontrare il fatto che lo stesso management, non appena iniziati “i controlli” (finalmente, dopo venti anni) sui conti aziendali, abbia ben pensato di riportare una perdita consolidata per il bilancio 2022 così sostanziale da iniziare la procedura di crisi aziendale. L’anno 2021 un utile fittizio e adesso sconfessato ufficialmente nel protocollo, mentre quando iniziano i controlli improvvisamente l’azienda entra in crisi, si dichiara una perdita strutturale giustificata dal mancato rinnovo del servizio supporto riscossione tributi anno 2020, e si minaccia la messa in liquidazione aziendale. Se non stessimo raccontando la verità verrebbe da pensare si tratti di una puntata di House of Cards, peccato che siamo a Ciampino e non in una serie tv americana!

  • Il debito dell’azienda e la mancanza di trasparenza

Di tutto questo abbiamo già discusso in precedenza e con questo documento vogliamo andare oltre, per provare a fare un po’ di chiarezza su ciò che ci aspetta nel prossimo futuro: una scelta di trasparenza che dovrebbe appartenere a chi amministra, non ad una forza politica di minoranza come la nostra, ma tant’è.

Il debito dell’azienda comunque non si conclude qui: ci sono una serie di poste “circolari” e mai giunte a mediazione concordata che hanno radici molto profonde, ovvero somme che l’ASP da diversi anni deve restituire al Comune, per un importo complessivo di 3.340.000 euro. Anche di ciò parla il protocollo di intesa Comune-ASP in discussione in Consiglio comunale. Profetici fummo ad inserire nel nostro programma la necessità di un “Audit pubblico e trasparente sulle società partecipate” dell’ente, vero elemento di caduta del nostro Comune che negli ultimi 13 anni ha visto completamente assorbita la propria capacità di spesa e investimento dalle due società ASP e Ambiente, continuamente in perdita. Peccato che non siamo stati ascoltati e per l’ennesima volta nessun cittadino saprà veramente cosa è successo in questi anni: le aziende sono da sempre fatto privato tra la Giunta e i vari management aziendali tecnici, con qualche rendiconto periodico portato in Consiglio comunale solo a ratifica, senza grossa possibilità di incidere sulle linee amministrative decise, e zero trasparenza ovviamente.

A tal riguardo è inaccettabile la difesa di ufficio delle scelte del centrosinistra, in particolare quelle della gestione Terzulli che abbiamo dovuto ascoltare dalla Sindaca Colella nel suo intervento per tenere unita una maggioranza che già balla. Quella Giunta  cadde nel 2019 sul bilancio alla fine di una lunga gestione del centrosinistra che aveva lasciato ASP con un mare di debiti e 50 Mila euro di capitale sociale!

Quella di oggi appare una situazione economico-finanziaria disastrosa su cui riconosciamo si stia provando a mettere mano per provare ad azzerare e ripartire. Nei fatti però questo processo si sviluppa in assenza di trasparenza amministrativa, con i Consiglieri che non hanno tutti gli elementi economico-finanziari a disposizione per una analisi economica duratura e seria. Questo è particolarmente vero rispetto all’ennesimo piano di risanamento e rilancio industriale che nel protocollo d’intesa rappresenta una indirizzo politico non ci convince affatto.

Dopo il fallimento di tutti i piani pluriennali precedenti, che in sostanza non hanno mai strutturalmente ripianato i debiti milionari di ASP ma solo scaricato sui lavoratori la crisi aziendale per tamponare i problemi, stavolta il Comune si pone l’ambizioso obiettivo di azzerare tutto il deficit dell’azienda, versando 1.700.000 euro nel 2023 e 430.000 euro nel 2024, dando all’azienda la possibilità di rateizzare il trasferimento dei crediti vantati dal Comune a partire dal 2026 fino al 2043!

Per più di dieci anni, il centrosinistra prima e il centrodestra poi, non hanno messo in campo alcun controllo sulla gestione ordinaria e straordinaria dell’azienda: solo ora questo Piano finalmente accenna a consolidare qualche elemento di controllo, e riconosciamo questo elemento allo sforzo dell’Assessore Catalini. Certo è che quello che appare da rivendicare come un grande risultato politico, per noi altro non è che l’assoluta normalità per una qualunque azienda pubblica o privata: finalmente si inserisce qualche elemento strutturale di controllo, ma nel frattempo non si è ancora data attuazione alla nostra mozione di indirizzo che chiede di rimettere al centro il Consiglio comunale rispetto ai processi di governance aziendale. Noi avevamo pensato questo strumento soprattutto per questa fase strategica e registriamo di aver ricevuto un continuo posticipare della sua attuazione: ad oggi attendiamo ancora la prima bozza di regolamento che recepisca l’indirizzo del Consiglio comunale.

Il fatto politico inequivocabile è che il centrosinistra prima e la destra negli ultimi anni hanno chiuso gli occhi su tutto, praticando le peggiori pratiche corporative, clientelari, condite da investimenti scellerati e gestioni anti-economiche, riuscendo nel miracolo di costruire – e salvare ripetutamente dal fallimento – un’azienda che ad oggi ancora non sta in piedi, nonostante abbia un fatturato annuo di 25 milioni di euro e un costo del lavoro assolutamente in linea con gli indicatori di sostenibilità aziendale. Infatti il costo del personale, da sempre raccontato come il vero problema aziendale, pesa circa per il 27% del fatturato e dunque non rappresenta affatto un problema strutturale. Sicuramente l’efficienza organizzativa e produttiva risente delle pluriennali pratiche corporative e clientelari di una azienda troppo spesso usata ad uso e consumo della politica di turno, e su questo nessuno sembra essersi ancora deciso a mettere mano. Tante parole sono state spese ieri su questo, ora vogliamo vedere i fatti. La vera domanda è come fa ASP ad essere sempre in crisi sin dalla nascita? Facile purtroppo quando i costi indiretti (consulenze) e di gestione sono assolutamente fuori controllo, e questo nonostante ASP gestisca servizi comunali strategici a domanda fissa, ovvero servizi con flussi di cassa certi, e ben 11 farmacie territoriali, un business che farebbe gola a qualunque privato proprio per i lauti margini di guadagno economico.


  • La bozza del piano di risanamento

Veniamo dunque alle linee guida riportate nel protocollo di intesa sottoscritto tra le parti e propedeutico al piano di risanamento e al piano industriale. Le linee guida contengono alcune proposte che nelle intenzioni dovrebbero rendere strutturalmente in attivo e non più in perdita i bilanci di ASP. L’idea è quella di affidare nuovi servizi pubblici di valenza territoriale all’azienda, attualmente esternalizzati, e di inventarne anche altri, altamente remunerativi, in linea di principio. Rispetto a questo vediamo problemi gravissimi e di diverso ordine: alcuni di questi servizi non appaiono avere un indice di remunerazione tale da sostenere le esigenze di fatturato aziendale; molti servizi sembrano non avere un minimo di fondamento per mezzi e obiettivi pubblici, e addirittura alcuni appaiono contrastanti con le esigenze della città.

Per esempio non è comprensibile dare ad ASP la gestione di un nuovo, ennesimo parcheggio di lunga durata a servizio, non della città, ma dell’aeroporto di Ciampino! La cosa assume carattere grottesco se si pensa di realizzarlo nelle aree a verde limitrofe a quello che dovrà essere il Parco del Muro dei Francesi, per il quale la Sindaca ha pubblicamente preso l’impegno di avviare l’iter di completa acquisizione per renderlo quanto prima disponibile e fruibile per i cittadini. Un parcheggio di scambio con bus navetta di collegamento per l’aeroporto che vedrà realizzare, in un terreno comunale molto più lontano dall’aeroporto rispetto ai suoi competitor Cavicchi & co, l’ennesima lingua di asfalto nel verde. Il tutto in un territorio già strozzato da parcheggi e cemento, in un contesto di mobilità di scorrimento e transito a dir poco complessa. Un parcheggio non fruibile ai cittadini ma a servizio esclusivo di una infrastruttura, quella aeroportuale, che non ha margini di crescita ma che vede una fase di contenimento e prossima auspicabile diminuzione del traffico aereo.

Ieri in aula abbiamo pubblicamente chiesto una presa di posizione su questo, senza ottenerla. È nostro impegno fare tutto il possibile affinché questa scelta non venga confermata nel piano industriale prossimamente in discussione. Siamo pronti a mobilitare cittadini e associazioni su questa ennesima battaglia in difesa dell’area.

Incomprensibile anche la volontà di assegnare dal 2025 all’ASP la gestione di un bene comune come l’Ostello della Gioventù: in una città senza spazi pubblici fruibili e con una offerta culturale limitata, come si può immaginare di affidare ad una azienda come ASP, che mai si è occupata di cultura e sociale, la gestione di questo immobile? Cosa si ipotizza possa diventare l’ostello della gioventù – che verrà prima ristrutturato con presunti fondi distrettuali socio-sanitari – da qui ai prossimi anni? Nessuno lo sa, neanche l’amministrazione comunale che non ha ancora neppure una vaga idea di come ristrutturare l’immobile e con quali risorse. Vaghe ipotesi tutte da verificare sono state enunciate e su cui si è chiesta una fiducia in bianco inaccettabile. Anche su questo abbiamo chiesto invano una presa di posizione in Consiglio comunale, ovvero aprire una vera discussione pubblica con la città e le realtà associative sulla funzione di quest’immobile per valorizzarne la funzione sociale.

Infine si sta già lavorando per formare gli ausiliari del traffico in modo che questi possano anche svolgere ulteriori mansioni di controllo in sosta e fermata. Rispetto a questo le informazioni a nostro possesso sono limitate e la proposta dettagliata sarà da verificare ai sensi della legge, tuttavia l’idea dell’amministrazione è ben chiara: far fare più cassa ad ASP aumentando ulteriormente il controllo del territorio rispetto alle infrazioni degli automobilisti. In una città con un numero significativo – e più che sufficiente – di agenti di polizia municipale, con sistemi di sicurezza visivi come telecamere onnipresenti e a nostro avviso ben oltre le esigenze di sicurezza, avere anche gli ausiliari che possano “multare” è francamente inconcepibile. Come si concilia questo con la mozione di Consiglio comunale da noi proposta e votata da tutta la maggioranza circa la formulazione di un nuovo piano sosta? Domande aperte che richiedono risposte chiare e molto più articolate di quelle che abbiamo ricevuto sinora da parte di chi governa. Amministrazione che invece appare più alla ricerca della quadra dei conti che alla costruzione di una visione organica della città “dei servizi e a servizio dei cittadini” del futuro.

Dedichiamo la chiusura di questo documento all’elemento che riteniamo più critico del protocollo di intesa: la messa nero su bianco del fatto che ai 7 nuovi servizi pubblici indicati nel piano non sarà associato “alcun aggiuntivo costo in termini di forza lavoro”. Ciò significa mettere nero su bianco che gli attuali lavoratori/trici, o coloro che verranno assunti in sostituzione delle poche unità che andranno in pensione nel triennio, dovranno gestire servizi nuovi e complessi, di cui però non si capisce esattamente la portata né l’impatto sull’azienda. La cosa ci appare, oltre che inaccettabile perché scarica COME SEMPRE gli errori gestionali di management e politica sulle spalle di chi lavora, anche poco realistica nei fatti. Vediamo un esempio: ASP attualmente ha un numero limitato e ben definito di autisti che si occupano del servizio scuolabus, come si può immaginare che con questi numeri si possa gestire un servizio complesso come il trasporto navetta/parcheggio di scambio verso l’aeroporto?

Mille altre domande ci sorgono leggendo il protocollo e i nuovi potenziali servizi: la proposta appare più come una lista di desiderata che un vero piano che segue una logica. Saremmo ben felici di venire smentiti quando verrà elaborato un dettagliato piano industriale triennale ma al momento questa è la situazione. L’Assessore assicura che i conti e le analisi sono stati fatti e sono ben dettagliati, e non ne dubitiamo, ma certamente non sono di nostra conoscenza, tanto meno a conoscenza di chi lavora in ASP e ancora meno della cittadinanza.

Contro la pluriennale gestione fallimentare di ASP, come Diritti in Comune abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere di rendere trasparente l’operato dell’azienda e dei vari management politici e tecnici che si sono succeduti, istituendo una apposita commissione consiliare per la valutazione delle sue attività economiche e contabili, ovvero per un Audit pubblico. Rispetto all’oggetto del protocollo di intesa ci riserviamo di indire una assemblea pubblica con tutti i lavoratori della società ASP per spiegare questa situazione e rimetterli al centro della discussione pubblica e politica. Sul piano di rilancio c’è molto fumo, pochi numeri e pochi elementi chiari su cui riflettere, una coltre fitta di nebbia figlia di trattative sottobanco tra centrosinistra, attuale management e uffici legali di parte. Mentre accade ciò altri/e lavoratori/trici, come le educatrici dei nidi ASP, riaprono lo stato di agitazione, giustamente convinte di meritare ben altra attenzione, dignità e tutela salariale.

Chiediamo chiarezza, dati, numeri e soprattutto vorremmo capire la visione. L’azienda serve alla città certamente e può rappresentare una ricchezza. Però è la città ad avere dei bisogni: l’azienda può e deve aiutare a sostenerli. Invertire gli elementi, ovvero soddisfare i bisogni dell’azienda utilizzando le risorse del Comune per sostenerli, non è francamente più accettabile.